Agata era una discendente di un’illustre famiglia e nel fiore della sua età si era consacrata a Dio col voto di perfetta castità. Ma Quinziano, pretore della Sicilia, conosciutane la sua bellezza e l’immenso patrimonio, decise di sposarla, e vedendo che non riusciva con le lusinghe, pensò di saziare la sua avarizia valendosi dei decreti imperiali pubblicati contro i Cristiani.
Agata venne arrestata e venne consegnata ad una donna malvagia di nome Afrodisia la quale aveva l’incarico di condurla poco per volta al male. Ma dopo un mese la donna abbandonò l’impresa.
Quinziano, informato dell’insuccesso, richiamò Agata al tribunale, e le chiese quale fosse il motivo del suo vivere umile e cristiano, lei rispose perché era una schiava di Gesù Cristo. Continuò ancora il giudice chiedendo a lei in che cosa consisteva la vera nobiltà, e lei rispose semplicemente nel servire Dio. Così lui irritato dalla fermezza della martire, la fece schiaffeggiare e gettare in carcere.
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Il giorno dopo Quinziano la fece stendere su un cavalletto e comandò che le fossero strappate le mammelle con delle tenaglie. Dopo l’esecuzione la fece rimettere in carcere vietando a chiunque di medicarla o di darle da mangiare. Ma in una visione apparve ad Agata l’Apostolo S.Pietro il quale, confortandola, fece su di lei il segno della croce e la guarì completamente.
Dopo quattro giorni Quinziano vide la sua guarigione si arrabbiò e fece preparare un braciere con i carboni ardenti mescolati con i cocci di vasi. Vi fece stendere sopra e rigirare la vittima.
Ma, mentre i carnefici compivano quell’orribile gesto, un terribile terremoto scosse la città, e fra le vittime seppellì due consiglieri del pretore. Tutta la città cominciò a urlare che quello era un castigo di Dio per la crudeltà usata verso la sua serva che intanto fu rimandata in carcere.
Agata stremata, ma lieta di aver consumato il suo sacrificio, congiunte le mani pregò con queste parole: “Signore mio Dio, che mi avete protetto fin dall’infanzia ed avete estirpato dal mio cuore ogni affetto mondano e mi avete dato forza nei patimenti, ricevete ora in pace il mio spirito”. Dopo queste parole chiudeva per sempre gli occhi alla luce del mondo.
Legame tra S.Agata e le donne
S.Agata subì il martirio come cristiana ma, malgrado l’amputazione delle mammelle e la tortura sui carboni accesi, non rinnegò mai la sua fede. E’ stata una donna con una forza di volontà talmente enorme da resistere a qualsiasi sofferenza senza tradire mai ciò in cui credeva.
S.Agata può essere il simbolo di tutte quelle donne che vengono torturate, maltrattate, ferite fisicamente e psicologicamente e persino uccise dai loro compagni in questa nuova era in cui il genere femminile rappresenta le nuove “martiri” consacrate al credo dell’amore per i loro uomini ai quali affidano anima e corpo, li perdonano, li giustificano fino all’estremo sacrificio.
S.Agata è considerata la protettrice delle donne con patologie al seno, infermieri, tessitrici siciliane, spesso invocata contro gli incendi, eruzioni e disastri ambientali.
La festa di Sant’Agata
S.Agata è la patrona di Catania. E’ considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza. Nei giorni che vanno dal 3 al 6 febbraio i catanesi indossano un tradizionale abito bianco composto da camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. La tradizione vuole che l’abito votivo non è che un saio penitenziale indossato il 17 agosto quando due soldati riportarono le reliquie a Catania da Costantinopoli.
Il fercolo d’argento con i resti della Santa posto su un carro legato da due cordoni di oltre 100 metri, viene sostenuto da centinaia di devoti che fino il 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. La vara viene portata in processione insieme a dodici candelore che appartengono ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra la folla che agita i fazzoletti bianchi e grida “cittadini cittadini, semu tutti devoti tutti”.